La pratica clinica quotidiana sia a livello ambulatoriale che sportivo mette di fronte a delle scelte da compiere per migliorare la qualità di vita del nostro paziente. Quando è il caso di bendare un paziente o adottare un ausilio, in caso di distorsione di caviglia e/o prevenzione della medesima? La letteratura medica presenta una varietà di studi controversi per rispondere a questo quesito clinico. Il taping a livello sportivo preventivo viene usato da circa il 40% degli atleti che hanno riportato distorsioni passate e dal 13% di atleti che non hanno mai riportato eventi distorsivi. L’obiettivo del taping dovrebbe essere quello di limitare il movimento e migliorare la propriocezione per evitare nuove distorsioni o recidive; molti studi passati infatti dimostrano l’efficacia di wrapping, bracing, taping e dell’esercizio neuromuscolare nel ridurre il numero di infortuni.
Studi più recenti però hanno indagato più da vicino la veridicità di questi dati riportando ad esempio la riduzione, ad opera di misure contenitive, del feedback propriocettivo a livello di caviglia. Tali studi mettono in risalto l’incapacità del taping di mantenere l’efficacia meccanica per tempistiche contingenti (45-90 minuti), alcuni studi infatti ne dimostrano l’efficacia fino ai 20 minuti, mentre altri sotto i 10 minuti e la graduale inefficacia fino ai 60; altri studi evidenziano la riduzione della velocità di reazione dei peronieri nel controllo del movimento di inversione. Altri studi recenti invece si sganciano da un approccio puramente biomeccanico suggerendo l’utilizzo del tape in relazione al comfort dell’atleta, alla riduzione della percezione di dolore, alla percezione di un miglior supporto spostando l’attenzione verso aspetti più rituali, contestuali, cognitivi e percettivi che strutturali.
A prescindere dalla teoria alla base del funzionamento del tape, dati alla mano, a livello almeno preventivo, vi è una riduzione degli infortuni in atleti che applicano il tape piuttosto che in quelli che non lo utilizzano. Nel determinare se sia meglio applicare taping o bracing per prevenire atti distorsivi vi sono diverse teorie, sicuramente l’associazione tra esercizio e contenzione è ciò che assicura migliori risultati. Il taping come già detto, ha una tenuta determinata nel tempo anche in relazione alla bontà e tipologia di manufatto ed è usa e getta, mentre il bracing garantisce veloce adozione/rimozione, ma scarsa compliance di comfort dell’atleta. Il taping dovrebbe provvedere ad un maggior controllo neuromotorio, mentre il bracing ad una maggiore stabilità.
In questo "mare magnum" di studi il terapista rischia di confondersi poiché si è passati negli anni da atteggiamenti iperprotettivi e preventivi (legati molto alla biomeccanica) passando per atteggiamenti sbilanciati a favore dell’esercizio terapeutico e del controllo in assenza di protezioni condizionanti la corretta percezione dell’atleta ad atteggiamenti decisionali prettamente cognitivi legati al contesto, alla ritualità dell’atleta e all’effetto placebo. Le nozioni accumulate negli anni dalla ricerca scientifica sicuramente rappresentano un ottimo bagaglio che permette al terapista di intraprende decisioni in merito al proprio paziente; tali nozioni però hanno bisogno di essere integrate nel processo decisionale basandosi anche sull’esperienza del clinico e in primis sul paziente in termini di storia clinica, credenze, obiettivi, aspettative.
Molti studi analizzati non ci forniscono informazioni importanti sui campioni di pazienti utilizzati, come ad esempio il tipo di instabilità (dinamica o strutturale) , il numero di recidive, il dolore, scale di funzionalità legate all’arto inferiore; anche studi che non trattano la prevenzione ma esiti post-distorsivi e recidive deficitano dei medesimi errori di campionamento e spesso non presentano elementi correlati ai tempi biologici di riparazione, le terapie associate, la gestione del carico e soprattutto uno dei fattori più importanti legati alla recidiva di infortunio rappresentato dalla paura.
Crediamo quindi che il mettere al centro la persona atleta o non, unendo aspetti teorici, clinici e diagnostici con aspetti relazionali e contestuali, possa mettere in grado il terapista di prendere le decisioni corrette in merito all’adozione di un contenimento per prevenire distorsioni, scongiurare recidive o favorire una migliore guarigione.
Presso Fysiolab srl ogni paziente viene valutato e trattato considerando ogni sua caratteristica, adottando un protocollo personalizzato scelto insieme al fisioterapista. Inquesto protocollo riabilitativo entra anche l’ utilizzo del tape in ogni fase di recupero o di prevenzione.
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Come sempre,un caro saluto a tutti quelli che sono arrivati alla fine dell’articolo.
Lucidi Alberto –Fisioterapista presso Fysiolab Srl-